Amò e Tesò. La nuova frontiera del lessico

Stamattina ho preso una testata incredibile. C’è mancato un pelo che mi rompessi la testa e tutti i denti. Credo che, a suo modo, sia una cosa connessa alla necessità sempre più pressante di andare in ferie. Mi sono comunque issata sul tram e, essendo troppo intontita dalla botta, ho evitato sia di leggere sia di rimbambirmi del tutto ascoltando musica. Sono rimasta così, ciondolante e in balìa delle conversazioni altrui. E, puntualmente, non sono stata delusa. In realtà, più che sulla conversazione, mi sono concentrata sulla pronuncia.

I miei concittadini, specie quelli delle annate post 1989 hanno infatti una bruttissima abitudine. Quella di allargare smodatamente la pronuncia delle vocali e di farle assomigliare tutte a delle A. Tra un po’ paaarlarèmo tutti casà. Per non parlare di cosa succede alle C, che diventano delle Z nel migliore dei casi.

Questa mattina, in tram, una coppietta post 1989, si scambiava effusioni con una certa foga. Foga nel senso che si stavano reciprocamente facendo una gastroscopia. Probabilmente, se qualcuno avesse cercato di soffocarmi con 6 metri di lingua alle 7.50 del mattino in tram, mi sarei rivolta alla polizia per tentato omicidio. Lui, ad un certo punto, ha subito una metamorfosi kafkiana e si è trasformato in un essere a metà tra il polpo e l’uomo. Un essere con due gambe e almeno otto mani. Quando finalmente si fermano per riprendere fiato, sono costretta a pensare che sarebbe meglio che ricominciassero. “Zoè Amò, te non puoi capì quanto sasso mi fai.” Sasso? Ah già, le A. Lei “Si tesò, zoè, non vedo l’ara che se n’annamo ar mare casì stamo tutto er giorno insieme”. Tra un po’ ci servirà l’interprete. Amò e Tesò scendono dal tram e lui, da vero gentleman, le dà una sonora pacca sulle preziose terga per incoraggiarla forse a sbrigarsi a uscire.

Questo siparietto mi ha fatto pensare a due situazioni vissute quando anche io avevo 17 anni. All’epoca, si utilizzavano cellulari grossi come citofoni, i cui messaggi avevano un costo spaventoso. Lo specifico perchè, almeno per me, ricevere un sms a quel tempo era sintomatico di un forte interesse da parte del ragazzetto di turno. Un giorno ricevo un messaggino da un tipo che mi piaceva tantissimo. Non lo avevo ancora letto, semplicemente ero in estasi. Si, perchè va anche detto che io, a 17 anni, ero l’apoteosi della mostruosità. Secca allampanata, con un seno enorme, le braccia lunghe più delle gambe e i capelli a cespuglio. Per non parlare degli occhiali. Una sorta di Igor di Frankenstein Junior. Consapevole di tutto ciò, ero ormai rassegnata a vivere una vita nerd. Priva di ogni velleità femminile.  Dunque, a 17 anni, ricevere questo sms mi faceva sentire in paradiso per sbaglio. Nemmeno sapevo che lui avesse il mio numero di telefono. Lo apro e leggo: “Ciao ke fai? Io tt ok, askolta se ti va di uscire fmm sap ke poi ciò da fà. cià” Ma cosa sono tutte queste K? Ma, soprattutto, le K non si usavano al tempo dell’intellighenzia, per sentirci tutti più vicini al Komintern, almeno foneticamente? E, inoltre: ciò=c’ho? E che diavolo di tono è questo? Non so, questo sommarsi di interrogativi, ha fatto scendere il mio afflato amoroso sotto le suole delle scarpe. Essendo giovane, gli ho risposto educatamente che ero impegnata. Oggi, quasi certamente, nemmeno avrei risposto. Nel dubbio, ci avevo preso comunque. Tempo due anni, oltre a essere diventato piuttosto inguardabile, aveva accantonato in modo definitivo l’uso dell’italiano. Credo si esprima a versi, come un gorilla. La seconda situazione si è verificata al mare, d’estate. Quando tutte le diciassettenni sperano di rimorchiare qualcuno con cui sbaciucchiarsi in spiaggia. Ovviamente, per la legge dei grandi numeri, io pesco il solito caso umano. In una vacanza di due settimane, ci mette 12 giorni prima di invitarmi a ballare. Non dico a uscire, a ballare. Il giorno dopo ci rivediamo e, finalmente, scendiamo in spiaggia. E lì, l’imprevisto. Si addormenta. Dorme per almeno un’ora, in modo pesantissimo. Si sveglia e mi fa “Te diverti?” Non so cosa rispondere. A distanza di anni mi continuo a chiedere il senso di quella domanda. Magari voleva essere un interrogativo alla Wenders e io non l’avevo capito.

Ritorno con il pensiero ad Amò e Tesò. E ai loro ormoni impazziti che dilagano sul tram. Sento un moto di invidia. Perchè storpieranno pure tutte le vocali ma, sicuramente, stanno andando a fare qualcosa di molto più divertente di quello che sto andando a fare io. E comunque, nel loro linguaggio assolutamente incomprensibile, si sono trovati mentre purtroppo, la maggior parte di noi difficilmente riuscirà a trovare qualcuno che non traviserà delle parole dette o dei gesti fatti in assoluta buona fede.

Nemmeno finisco di pensare questa cosa che ricevo una mail. E’ il gorilla camuffato da uomo. Riemerge da un silenzio di 10 anni. Non è cambiato nulla: usa le K e non mette le H. “Se non sei okkupata, potremo vederci. Vorrei kiudere un diskorso iniziato una cifra di tempo fa. ”  Non rispondo questa volta. Le mie gambe si sono allungate, porto delle scarpe meravigliose, mi posso permettere un tubino rosa strizzatissimo e anche la questione piuttosto ingombrante del seno, si è risolta felicemente. CNTRL – CANC – ALT -SHIFT.

Lady B.


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