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Quel non so che di Bounty

“Madame, con tutto il rispetto, con questi capelli ricordi una scopa.”
“Grazie per il prezioso contributo alla mia autostima, Satish.”
“Lo dico per te, Madame, devi fare qualcosa.”

Sono questi i momenti in cui vorrei armarmi di una paletta e tirargliela di piatto in faccia. Satish, tra le varie attività svolte in passato, annovera anche quella di parrucchiere e quindi si sente titolato a elargire consigli o a dare delle opinioni di stile. Non richieste.

“Satish, vorrei farti notare che ho percosso persone anche per molto meno. Quindi o cerchi di essere costruttivo oppure è meglio se taci.”
“Va bene, Madame, allora fatti degli impacchi di olio di cocco in testa.”

Rimango un po’ sorpresa per varie ragioni. Anzitutto non avrei mai creduto che Satish potesse avere un’opinione così definita sui capelli. In secondo luogo, non pensavo che un uomo, al di fuori di poche rare e preziose eccezioni, conoscesse gli usi dell’olio di cocco. Anche perchè fino a quel momento non li conoscevo nemmeno io.

Con un’enorme pulce nell’orecchio, torno a casa e inizio a cercare pareri in merito alla faccenda attraverso la mia fonte di conoscenza principale. Internet.

Dopo tre ore di ricerche ossessive, scopro che effettivamente l’olio di cocco, specie se unito all’olio di neem, possiede molte qualità. Praticamente ti rende immortale.
E visto che sono una persona morigerata, il giorno dopo vado a svaligiare un negozio comprando circa 15 confezioni di olio di cocco. Spremuto a freddo. Cosa voglia dire non si sa, comunque pare che se è spremuto a freddo è meglio.

Mezz’ora più tardi sono interamente coperta da uno strato di olio che mi rende molto simile a un’anguilla laccata. E chiaramente questa non è stata affatto una buona idea perchè sono talmente unta da non potermi appoggiare a nulla e comunque ho messo l’olio anche sulle piante dei piedi quindi rischio di scivolare e di spaccarmi la faccia contro il pavimento di marmo.

Rimango così, in piedi, a pensare all’eternità e a quanto possa essere infinita l’idiozia umana. E ci rimango per circa 45 minuti, giusto il tempo di farmi venire le vene varicose, perchè prima di farmi la doccia devo dare all’olio il tempo di agire e di compiere il miracolo.
Passo i successivi 50 minuti sotto la doccia strofinandomi con una specie di guanto che credo sia fatto di setole di rinoceronte perchè, giuro, non ho mai provato niente di più ispido. Anche questa pratica, ovviamente, mi è stata suggerita da internet. Brushing si chiama. Che in pratica significa decorticamento epiteliale con conseguente esposizione delle carni vive sotto un getto di acqua bollente. Oh, fatelo, mi raccomando.
Mi faccio anche lo shampoo perchè nelle mie folte chiome c’è talmente tanto olio che potrei friggere tutto lo Sri Lanka.

Esco dalla doccia veramente provata. Provata e di uno strano colorito violaceo.
Però non posso non notare che i miei capelli hanno un aspetto meraviglioso. Devo assolutamente ringraziare Satish.

“Madame. Posso farti una domanda indiscreta?”
“Si Satish…”
“Hai usato l’olio di cocco?”
“Si! Anzi volevo ringr…”
“Ma quanto ne hai usato?”
“Beh parecchio e l’ho anche mischiato all’olio di Neem, come suggeriva di fare internet..”
“Si sente, Madame. Puzzi di Bounty andato a male.”
“…”
“Madame, se posso permettermi. Non leggerlo più internet. Fallo per me e per Sir che stasera deve andare a dormire sentendo olezzo di merendine scadute.”

Quindi l’olio di cocco fa miracoli. Ma se lo unite all’olio di Neem preparatevi a dormire su un giaciglio in salone.

Lady B (ounty)


Fichi d’india e Parrucchieri.

L’ho fatto di nuovo. Sono entrata di nuovo in doccia con gli occhiali. Quindi, oltre a ricordarmi che sono destinata a rimanere una zitella inacidita se non la smetto di tenermi quei fondi di bottiglia in situazioni che palesemente non lo richiedono, ho avuto modo di leggere cosa mi stavo mettendo in testa. Già, perchè io ho un piccolo problema con in capelli. Loro, ingrati fino all’ultima molecola di cheratina, si ostinano a volersi autogestire. Con gravissimi danni per la mia immagine. Quando mi pettino, assomiglio a uno spaventapasseri. In caso contrario, a un cespuglio. Raramente assomiglio a un essere umano, figuriamoci a una donna.

Questa faccenda mi ha fatto ripensare a una richiesta che uno di quegli squilibrati che volevo per forza frequentare mi ha fatto una volta. “Perchè non ti tagli i capelli? Potresti provare a farti un caschetto. Io ti preferirei così, saresti più in ordine.” Se mi avesse chiesto di correre in mutande per strada, l’avrei presa come una pretesa meno offensiva. Comunque ci penso su e, alla fine, mi convinco che si può fare.

Sono due le cose che veramente odio fare. Consentire all’estetista di coprirmi di cera là dove mano umana (estranea) non dovrebbe mai arrivare e andare dal parrucchiere. Nel primo caso, esco fuori dolorante; nel secondo, con la consapevolezza che per i successivi tre mesi sarà impossibile essere presentabile. Trovo ci sia una losca somiglianza tra il comportamento del parrucchiere e l’andamento della mia vita. Fanno tutti e due come gli pare e non si preoccupano delle catastrofiche conseguenze.

Dunque, poco fiduciosa, entro in un salone di bellezza. Esordisco con “Vorrei un caschetto alla Valentina di Crepax”. Sperando che il parrucchiere non colga il riferimento e tolga solo mezzo centimetro. Inizia a tagliare e cerca di confondermi, dicendo “Tesoro, starai una meraviglia. Il tuo visetto ne uscirà valorizzato!” Mi pento subito. E provo a fare marcia indietro “Va beh. E’ meglio che togli solo le doppie punte!” “Ma nooo! Starai un amore”. Meraviglia e amore applicati ai miei capelli producono su di me lo stesso effetto che la parola Katyn produce su un ufficiale polacco. Sono disperata. Quando finisce l’opera, lui è soddisfatto, io vorrei piastrargli il naso. “Hai presente che ho i capelli talmente ricci che ricordo una mangrovia? Come faccio a tenerli lisci così?” Chiedo, sull’orlo del pianto. Mi propone, e mi vende, almeno sette diversi prodotti liscianti. In pratica, anche Bob Marley avrebbe avuto una piega invidiabile. Esco poco convinta e con il conto in banca alleggerito in modo drammatico.

La sera, mi vedo col tipo. Che approva. Dopo una settimana, smettiamo di vederci. Ma la catastrofe era prossima a consumarsi. Mi faccio una doccia, mi metto in testa un “domatore di ricci”, un “allisciatore termico alla vitamina di non so cosa”, uno shampoo “lisci perfetti che se ne vada al diavolo il crespo”. In testa, ho almeno 90 euro di prodotti miracolosi. Mi asciugo i capelli con zelo. E, come per magia, assomiglio a Telespalla Bob. I miei ricci sono più fitti che mai e, essendo i capelli indicibilmente corti, assomiglio veramente a un arbusto.  Mi stramaledico. E approdo a una nuova, illuminante verità.

Mai tagliarsi i capelli per compiacere un uomo. L’uomo se ne potrebbe andare, il cespuglio invece resta. E, volendo buttarla sulla filosofia, se qualcuno ci chiede di cambiare, di stravolgere il nostro essere, probabilmente non fa per noi. Ci meritiamo di essere apprezzati per quello che siamo, anche se la mattina risultiamo attraenti quanto un fico d’india.

Lady B.