Oggi, approfittando del caos imperante nella mia vita, ho deciso di fermarmi e di elaborare una lista di priorità.
Il primo posto lo conquista un buon proposito. L’abolizione di pane, pagnotte, pizza, panini, cornetti, krapfen dalla mia dieta. Nonostante mi sia comprata uno specchio deformante che mi slancia, i miei pantaloni stanno comunicando una certa criticità nel chiudersi.
Poi, in effetti, qui mi sono fermata. E ho deciso di procrastinare. Mentre prendevo questa solenne decisione, ho anche deciso di cercare l’etimo di questa parola e il suo significato preciso. Al solito, ci aiuta il vocabolario.
Procrastinare: [pro | cra | sti | nà | re]: rimandare al domani con lo scopo di temporeggiare o, addirittura, di non fare ciò che si dovrebbe.
L’etimo, grazie ai sempre verdi e utili studi classici, l’ho ricavato da me: verbo di derivazione latina composto di pro, “avanti” e da crastinus, aggettivo di cras, “domani”.
Dunque, procrastinare. Prendere tempo. A volte in modo costruttivo, a volte in modo desolatamente inutile. Conosco due, forse tre, abili procrastinatori. Certo, non abili come Fabio Massimo che prendeva tempo per una buona causa, ma comunque persone che se la cavano a loro modo.
Lui e lei. Relazione a distanza piuttosto inconcludente. “Ti amo” “Forse ti amo un po’ meno” “Ti amo a giorni alterni”. Insomma, sembra di assistere alla gestione del traffico di autoveicoli da parte del comune. Inutile, che non abbassa il livello delle polveri sottili ma che, in compenso, provoca un gran caos. I due, amandosi solo nei giorni pari, decidono di prendere “una pausa”. Così per riflettere. Potremmo dare una visione sfumata del concetto di “pausa di riflessione” ma non lo faremo. A noi ci piace dire le cose come stanno e le pause di riflessione sono una stronzata mondiale. Cosa devi riflettere? Se sei innamorato di me, se pensi che valga la pena di stare con me, non ci devi pensare. E’ una sensazione radicata nello stomaco, che preme sul torace e che arriva al cervello mettendo in moto una serie di incontrollabili impulsi. Ma, soprattutto, se mi ami non puoi nemmeno prendere in considerazione l’ipotesi di non sentirmi. Quindi, la pausa di riflessione può essere indicativa di un duplice atteggiamento: a) lasciamo che le cose si arenino nella sabbia mobile del non sentirsi, perchè le relazioni non si autoalimentano di ricordi del bel tempo che fu; b) vigliaccamente speriamo che l’altro si stufi del nostro silenzio e ci auguriamo che, entro un certo periodo di tempo, decida di tirare i remi in barca e di mandarci serenamente al diavolo.
In entrambi i casi, colui/colei che chiede la pausa ci fa una figura meschina. E inoltre, fa in modo che l’altro cada in un pantano definitorio e di sostanza. Ovvero: siamo in pausa e non ci sentiamo. Chissà se ci risentiremo e chissà cosa stai facendo in giro. Io cosa devo fare? Devo sentirmi vincolato/a te come se non ci fosse un domani? E comunque, come ti muovi sbagli: se ti trovi un altro/un’altra sei un infame perchè non hai rispettato il tempo di pausa. Quel tempo risolutore che avrebbe chiarito ogni dubbio (non si sa bene come dato che, in una logica di coppia, i problemi si affrontano e si risolvono insieme. In caso contrario non sarebbero problemi di coppia ma problemi tuoi.) L’altro errore è il rimanere fedeli come i carabinieri sono fedeli all’Arma nei secoli. Perchè, inevitabilmente, si verrà scaricati in malo modo e, con elevate probabilità, nel frattempo sarà passata sotto il naso l’occasione della vita.
Quindi che fare? Rimanere ancorati come le vongole di Porto Marghera al ricordo di una relazione o andare avanti? E’ chiaro che l’andare avanti, implica un atto di coraggio. Implica una cesura, un taglio spesso doloroso. Magari potrebbe anche sembrare che, una volta stabilito di chiudere, davanti a noi si prospetti una parete nera. Però, a quel punto, con le stesse forbici con cui abbiamo tagliato, possiamo sempre ritagliare una porta dalla parete nera dalla quale senz’altro filtrerà della luce nuova. Luce nuova e aria pulita. Che sono sicuramente meglio della puzza del laboratorio dell’impagliatore in cui ci costringeremmo a vivacchiare.
Ho parlato con tutti i mie procrastinatori oggi. Nessuno ha intenzione di dare una svolta sensata alla propria vita. E, dunque, io posso continuare in allegria a sbocconcellare un ottimo pane con le olive in attesa della mia definitiva trasformazione in una donna pagnotta.
Carboidratamente vostra,
Lady B.