Archivi tag: sentimenti

La lista che non leggerai

Non volevo parlarci più con te. Anche se non ti ho mai parlato. Ti ho bisbigliato alcune cose ma forse sei sordo e questo non è nemmeno il mese del controllo gratuito dell’udito.

Ti faccio una lista di cose. Sono tutte quelle che mi danno fastidio e che vorrei che non facessi più.

Vorrei che non mi parlassi di banalità, o che non mi rispondessi a monosillabi, quando ti sto mettendo in mano il mio cuore. E’ veramente fastidioso.

Vorrei che quando mi chiedi come sto, ascoltassi bene il significato della pausa prima della mia risposta. Tipo così:” Come stai?” ” [Hai presente quando hai tutto l’animo stropicciato perchè ci sarebbe qualcosa che vorresti dire ma non riesci a dire niente perchè c’è un macigno da qualche parte che ti impedisce di parlare? Hai presente quando hai avuto una giornata bruttissima, di quelle talmente brutte che la parola “brutto” non è sufficiente a descriverla e vorresti solo sprofondare in un abbraccio ma tutto quello che hai davanti è un letto vuoto? Hai presente quando venivi interrogato in matematica e già sapevi che avresti preso tra l’1 e mezzo e il 2 meno meno e le tue previsioni non venivano deluse? Hai presente quando fai il conto alla rovescia per vedere qualcuno ma quel qualcuno sembra disinteressarsene?] Sto bene, grazie” . La risposta che non senti è quella che conta. Almeno non sempre.

Visto che proprio non riesci a leggere i miei sguardi, vorrei che la smettessi di guardarmi con quegli occhi. Si, perchè io ho passato mille anni a vaccinarmi per diventare più forte, e poi arrivi tu con quegli occhi grandi e a me tremano le ginocchia. Insomma, sarebbe più educato che mi lasciassi in piedi piuttosto che farmi diventare un aspic di sentimenti.

Vorrei pure che non la smettessi di tenere la mia mano mentre camminiamo per strada. Anche se fa freddo, anche se ho le punte delle dita gelate.

Vorrei che non ti importasse del mio essere troppo contraddittoria, troppo poco dolce, troppo poco espansiva, troppo emotiva, troppo infantile, troppo matura, troppo seria, troppo poco flessibile, troppo impegnativa. Forse vorrei che non mi considerassi un “troppo” ma, semplicemente, un “abbastanza”.

Non sono brava a fare le liste. Mi dimentico sempre qualcosa. Quando avevo iniziato a fare questa, c’erano un milione di cose che volevo scrivere. Ce le avevo tutte a mente. Invece poi mentre le scrivo ti penso e se ti penso non penso al resto. Non te la scrivo questa lista ma  ti voglio dire solo altre due cose che forse non hanno senso. Ho paura che le farfalle che sento nello stomaco muoiano tutte di fame. E poi che ho scoperto che in latino “rimpianto” si dice “desiderium”.

Lady B.


Una nuova lieta ricorrenza

“A che quota stai? Io sei…” ” Io cinque. Per ora vinci tu.”

Questo dialogo, che sembrerebbe una chiacchierata finalizzata a uno scambio di figurine, è avvenuto stamattina tra una mia amica e me. Trovo molto carino che io e le mie amiche, ovviamente quelle più care, siamo sintonizzate su tutto. Ogni tanto comunque sarebbe opportuno che le nostre vite non fossero tutte simultaneamente votate al degrado sentimentale. Che, peraltro, porta parossisticamente vicino all’instabilità mentale totale.

Il nostro dialogo verteva sul numero di amici/conoscenti che nell’ultimo anno sono serenamente convolati a nozze e, altrettanto gioiosamente, ci hanno comunicato la futura nascita di figli. Lei sei, io cinque.

Ieri ho parlato un po’ con un’amica che non sentivo da qualche anno. Mi ha raccontato diverse cose: si è laureata, ha trovato lavoro, convive, è incinta. Le ho detto che ero molto contenta per lei perchè, in effetti, lo sono. Poi mi guarda e mi dice che mi invidia moltissimo, perchè io sono il ritratto della donna indipendente. La donna che fa tutto da sola, stimolante, piena di ironia. Piena di scarpe. Prima di salutarci affettuosamente, mi invita a cena da lei. Racconto questa cosa a un mio amico davanti a un Long Island. I Long Island sono i cocktails della procrastinazione: spingono a riflessioni mortifere e, al momento di arrivare alla conclusione sensata di un ragionamento, iniziano a fare effetto. Dunque poi ci si perde in argomenti triviali e non si raggiunge alcun punto fermo. “Sono sinceramente ammirato dalla tua reazione. Hai dato prova di grande autocontrollo” “Ma cosa stai dicendo? Sono solo contenta per lei…” “Ma si, dai. Raccontalo a qualcun’altro. Sai cosa implica quest’invito? Che in settimana dovrai andare in giro per negozi per infanti e dovrai comprare un regalo. Poi dovrai andare dal parrucchiere e far dare una sistemata a quel cespuglio che hai in testa, dovrai prepararti a dovere e sfoggiare uno dei tuoi deliziosi tubini colorati con un paio di scarpe degne di questo nome. Dovrai pure indossare il miglior sorriso che hai. E non sarà sufficiente.” “Ma cosa vai dicendo? E’ solo una cena da un’amica. Ti sei ammattito forse?” dico, cercando di ostentare sicumera. “No mia cara. Non è solo una cena. E’ un campo di battaglia: single contro accoppiati. Sarai circondata da tutte coppiette felici, che ti passeranno al microscopio perchè tu sarai l’unica esponente di questa categoria disgraziata che sono i single. E non appena abbasserai la guardia, magari facendo notare che la sera a cena ti capita di mangiare sul divano una monoporzione di minestrone, ti guarderanno tutti con aria compassionevole.” Gesù. Dico tra me e me, finendo il Long Island. E ora? Ordiniamo altri due drink e io inizio a pensare che, forse, non sto andando a cena ma a una specie di mattatoio psicologico. “Non ci voglio andare più!” “Devi invece. E devi comprare il regalo più bello che ti possa venire in mente. Anche se ti dovesse costare mezzo stipendio.” Poi i Long Island hanno fatto effetto e abbiamo iniziato a parlare di altro. Ovvero di quanto sarebbe più bello il mondo se potessimo cauterizzare la bocca con una paletta incandescente a tutti coloro che dicono stronzate. Il pianeta sarebbe in effetti un posto molto più silenzioso e tranquillo.

Torno a casa e mi butto a letto. Sogno cose piuttosto confuse e non molto gratificanti. E mi alzo piuttosto nervosa perchè non mi piace sprecare l’inconscio sognando le solite banalità. Tipo prendere a manganellate qualche principe azzurro.

Davanti al solito caffè, preso sul solito terrazzo (con sciarpetta e cappello, perchè inizia a far freddo) inizio a far prendere concretezza a questo ragionamento. E’ ingiusto che io, e tutte le mie sgangheratissime conoscenze, siamo costrette di volta in volta a festeggiare i successi sentimentali degli altri. Più che ingiusto, è insostenibile. Dunque ho deciso di lanciare un OPA per ripristinare un po’ di par condicio. Tutti coloro che hanno una vita sentimentale serena, devono sentire l’obbligo morale di ricoprire di doni coloro che, invece, la sera  sono costretti alla monoporzione di cibo surgelato e al tozzo di pane secco. E, per celebrare la lieta ricorrenza, verrà offerta una cena imponente. Dove noi, i reietti della serenità di coppia, saremo sfavillanti e loro, i patrizi della famiglia, dovranno obbligatoriamente indossare abiti lisi ed essere il simbolo della consunzione. Mentre penso tutte queste cose, mi suona il telefono. L’ennesima amica caso umano: “Devo andare a una festa per un battesimo. E una mia amica si sposa dopodomani”. Questo mio progetto deve trovare attuazione rapida.

Comunque, in attesa dell’arrivo di quel giorno, faccio presente che è uscita la nuova collezione invernale di Christian Louboutin. La metto nella lista dei regali che accetto con piacere.

Monoporzionalmente vostra,

Lady B.

 


Uno zaino carico di invidia

Stamattina ho ricevuto una mail. Pensavo che fosse una mail di un uomo con il mestruo e, quindi, mi ero predisposta a leggerla con un certo maligno interesse. Poi, come spesso mi succede ultimamente, ho dovuto cambiare idea.

Prima di parlare di lui, però, vorrei mettervi a parte di un piccolo, pertinentissimo, ricordo di infanzia. Avete presente le amichette dell’asilo? Quelle che, con la scusa di volervi tanto bene, cercano di cavarvi un occhio con un rebbio di forchetta? Io ne avevo una fortissima. Avrei fatto qualunque cosa per lei. Durante le pause in giardino, raccoglievamo vermi e li nascondevamo nel cestino della merenda di una bambina antipaticissima che, inspiegabilmente, mi detestava e mi spennava tutti i mazzolini di fiori che raccoglievo per la mia mamma. A ripensarci, avevo un animo un po’ bipolare. Componevo mazzolini di margherite e castigavo le mie avversarie a suon di processionarie. Insomma, amiche per la pelle. Una mattina, arrivo a scuola entusiasta: avevo nascosto nello zainetto un osso di pollo e avevo deciso che sarebbe stato un’unghia di dinosauro. Bisognava metterla a parte di questa scoperta. Vengo tuttavia accolta da una brutta sorpresa. La mia amichetta faceva comunella con un’altra bambina che le aveva detto che io, in realtà, ero un mostro cattivissimo e che i miei capelli erano pieni di bava di lumaca. Per dimostrarle che era assolutamente vero quello che diceva e che peraltro ero un mostro molto cattivo, le ho dato lo zaino in testa. Poi sono stata messa in castigo dietro la lavagna dalla maestra. Insomma, un’amicizia rovinata da qualcosa che lì per lì non riuscivo a definire ma che poi, nel corso degli anni, mi è diventato chiaro. Spesso e volentieri le persone, soprattutto quando non sono soddisfatte di se stesse, della propria vita e di quello che costruiscono, tendono a voler svilire quanto hanno gli altri. E’ assiomatico. Credo si chiami invidia. E credo sia, almeno per chi ci crede, un peccato capitale.

Dunque l’invidia, che marcia di pari passo con la stupidità. Perchè non c’è nulla di positivo nell’invidiare quanto gli altri si sono costruiti. Non c’è nulla di appagante nel cercare di valorizzare se stessi, sminuendo un’altra persona. Il valore di ciascuno si misura dalle azioni che si pongono in essere. Se sei così bravo da costruirti un universo a tua misura, che peraltro potrebbe non coincidere con la mia, io posso e devo solo essere contenta per te. E, qualora io non dovessi essere contenta di quanto ho fatto della mia vita, del mio tempo e quant’altro, posso e devo rimboccarmi le maniche per cambiare il mio universo. Ecco come dovrebbe andare il mondo.

Ma il mondo segue dinamiche sue piuttosto antipatiche. E quindi la mattina apro la posta e mi trovo la seguente mail. Di un uomo, che potrebbe essere pure un uomo con il mestruo chissà, che ha un problema ingarbugliato. Perchè lui frequenta una ragazza. Di cui non so se sia innamorato, ma sicuramente gli piace molto. Solo che, oltre a stare con lei, è costretto a passare sotto le forche caudine delle amiche di lei che lo detestano. Già qui a me viene l’orticaria. Le amiche, per definizione, non devono detestare il ragazzo dell’amica. Le amiche, quando vedono la felicità di una di loro, devono farsi da parte e, eventualmente, tenersi pronte qualora le cose dovessero andare storte. E’ ingiusto rovinare gli altrui momenti di serenità con dubbi cretini e atteggiamenti francamente deprecabili. Insomma, lui diventa l’anticristo e per le amiche lei ha la testa di vetro. Loro le leggono dentro e vedono una ragazza non presa, non innamorata. E non conta che queste brave personcine abbiano una vita un po’ piatta, fatta di proiezioni che non trovano molta concretezza nella realtà. E’ più divertente il pettegolezzo, è più divertente il giudizio insindacabile mascherato da buon consiglio.

Non so come potrebbe finire questa storia. Io, essendo bipolare, probabilmente ad un certo punto avrei fatto un bel pacchetto di tutta questa roba e l’avrei buttata nel cestino delle scorie della mia vita. Tuttavia qualcosa da dire in proposito ce l’ho: ragazze, fatevi una vita vostra. Non mettete il naso nelle vite degli altri, non permettetevi giudizi di valore su situazioni che non conoscete e che, probabilmente, sono determinati da questo brutto sentimento che è l’invidia. L’invidia rende brutti. Fa venire le rughe e, ogni tanto, potrebbe causarvi una zainettata in testa.

Invidiosamente vostra,

Lady B.


La galleria degli orrori

Oggi sono veramente di pessimo umore. Se mi facessero un prelievo, al posto del sangue troverebbero della stricnina.

Per cercare di distrarmi da una serie di nevrosi, sono andata a farmi i fatti degli altri su un social network. E’ stata un’idea molto disgraziata, che mi induce a riflettere ancora una volta sull’uso sconsiderato che le persone fanno di questo strumento. Io, al di là di qualche foto generalmente priva di significato, sulla mia pagina personale pubblico quelle cose che, nell’accezione comune del termine, si definiscono cazzate. Roba per ridere insomma. Noto con un certo sconforto che per la maggior parte dei miei contatti, il social network è una sorta di vetrina per pubblicare in modo non filtrato i cavoli propri. “Stamattina ho fatto colazione alle 8.37”. Molto interessante. Pregno di significato. “Ho passato una nottataccia!” Anche il metronotte che fa il servizio di guardia è della tua stessa opinione.

Poi ci sono quelli che si ostinano a storpiare la lingua italiana con quelle stramaledette K usate al posto del CH o delle C. “Ankora tu nel mio kuore”. Krepa. Sorvolo sull’annosa questione degli errori grammaticali: gente che si ostina a citare Hemingway, salvo poi dimenticarsi che il verbo avere alla prima persona singolare vuole l’H davanti alla O.

Ad ogni modo,  a mio modestissimo avviso, i peggiori sono coloro che pubblicano delle foto di coppia al limite del porno con sotto didascalie romantiche. Casualmente, finisco sulla pagina di un mio vecchissimo flirt estivo. Talmente datato che, all’epoca della nostra frequentazione, la prima cifra della mia età era 1. All’epoca era abbastanza un infame e io abbastanza rimbambita. Però mi piaceva, quindi non ho diritto di sputare nel piatto dove ho mangiato. Come tutti i flirt estivi, si è concluso nell’arco di una settimana. Insomma, ora è “Ufficialmente Fidanzato”. Con una la cui età inizia con 1 e che deve diplomarsi. Compaiono davanti ai miei occhi delle foto agghiaccianti. Con delle didascalie da far accapponare la pelle. Metri di lingua di lui srotolati sulla pancia di lei, in un bikini strizzatissimo, che guarda sorniona l’obiettivo. Sotto la scritta “Un gomitolo d’amore in una galassia che ci rende unici”. Ma cosa diavolo vuol dire? Ma, soprattutto, cosa vi fa pensare che il preliminare di un vostro preliminare debba interessare tutti? Chiudo la pagina e mi rimetto a lavorare con scarso profitto.

Non riesco a non pensare a cosa accade nella mente delle persone quando si sentono appagate. L’appagamento, la serenità devono essere per forza oggetto di spettacolarizzazione? Non siamo più in grado di vivere delle emozioni e/o delle sensazioni privatamente? Ciò che ci distingue dagli animali, o che ci distingueva a questo punto, è la consapevolezza del confine tra pubblico e privato. Tra ciò che può essere mostrato e ciò che invece deve rimanere chiuso nella sfera di ciascuno. Il risultato di questa scarsa capacità di vivere una vita sana e reale è che si rende patinato e veramente vuoto qualcosa che prima riempiva gli animi. E non le pagine di un sito web.

Comunque, nel dubbio, ho mandato un sms a un mio carissimo amico che sta in giro per l’Italia con la ragazza: “Ciao kome state? Kuando tornate a kasa dalle vakanze?” Mi ha risposto “Ti sei bevuta il cervello o che?” Per fortuna ci sono ancora delle certezze nella mia vita.

Lady B.